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La rivista European Journal of Preventive Cardiology pubblica uno studio, nato dalla collaborazione tra i dipartimenti di Scienze farmacologiche e biomolecolari e di Scienze cliniche e di comunità dell'Università Statale di Milano e condotto sul territorio della Lombardia – che dimostra la relazione fra l'esposizione annuale al PM10 e i livelli circolanti di PCSK9, proteina convertasi subtilisina/kexina di tipo 9 che, oltre a essere il principale regolatore della colesterolemia LDL, rappresenta anche un possibile fattore di rischio cardiovascolare.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità, proprio sulla base di un'ampia letteratura internazionale, ha incluso l'inquinamento ambientale tra le principali cause di mortalità prevenibile.
L'esposizione all'inquinamento ambientale e al PM (particolato atmosferico), derivati soprattutto da veicoli, pneumatici e combustioni, è associata a una maggiore percentuale di patologie cardiovascolari, come ad esempio l'infarto del miocardio, l'ictus cerebrale, lo scompenso cardiaco e le aritmie, tutte malattie il cui sviluppo è strettamente legato anche all'obesità che, infatti, rende le persone più suscettibili alle malattie cardiovascolari.
In particolare, lo studio – a cui hanno lavorato Valentina Bollati e Angela Pesatori, del dipartimento di Scienze cliniche e di comunità, e Alberto Corsini e Massimiliano Ruscica, del dipartimento di Scienze farmacologiche e biomolecolari, oltre ad altri giovani ricercatori dell’Università Statale – ha preso in considerazione la concentrazione nel sangue di PCSK9 in 500 soggetti sovrappeso, il cui rischio cardiovascolare è stato valutato grazie a un algoritmo specifico - il Framingham Risk Score – dimostrando che in questi soggetti l'aumento dei livelli di PCSK9 e dei valori del Framingham Risk Score sono associati all'esposizione annuale ai valori di PM10.
L'esposizione media regionale ai livelli di PM10 nel periodo dello studio
Lo studio, infine, ha anche messo in evidenza come – fra i soggetti presi in esame – l'effetto sia particolarmente significativo nei soggetti con meno infiammazione, cioè quelli che avevano un livello di interferone-γ basso.
I soggetti che hanno fatto parte dello studio appartengono alla popolazione di SPHERE "Susceptibility to Particle Health Effects, miRNAs and Exosomes", il progetto della professoressa Bollati e del suo team al dipartimento di Scienze cliniche e di comunità, vincitore di un ERC Starting Grant, che ha dimostrato una associazione tra l'esposizione al particolato atmosferico (PM), la presenza di vescicole extracellulari nel sangue (VE) e il loro carico di miRNA.
Lo studio è stato possibile grazie ai dati forniti dall'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente (ARPA) Lombardia.
Contatti
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Valentina Bollati
Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità -
Massimiliano Ruscica
Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari0250318220
0250318219
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