Pubblicato il: 17/06/2024
L’attività del laboratorio per la preparazione dello spettacolo “Partite in due tempi – e tutto il tempo necessario per riflettere su noi stesse”

L’attività del laboratorio per la preparazione dello spettacolo “Partite in due tempi – e tutto il tempo necessario per riflettere su noi stesse”

Si intitola “Partite in due tempi – e tutto il tempo necessario per riflettere su noi stesse” lo spettacolo teatrale che andrà in scena il 26 giugno nella Sala Pio XII di via Sant’Antonio 5 (ore 16.30).  Sul palco, studentesse dell'Università degli Studi di Milano e donne ristrette della Casa Circondariale di San Vittore. 

Lo spettacolo è la conclusione del laboratorio teatrale tenutosi presso la Sezione Femminile di San Vittore e nato dalla Call for Ideas “Non Solo Limiti” dell’Ufficio Progetti Sociali e Volontariato dell’Università Statale di Milano.

 Il progetto ha coinvolto, in veste di volontarie anche studentesse dell’Ateneo che, insieme alle donne ristrette, porteranno in scena la rielaborazione dell’opera “Due Partite” di Cristina Comencini, in cui quattro amiche si incontrano per la loro abitudinaria partita a carte del giovedì pomeriggio. In uno di questi incontri, le protagoniste si confrontano sulle proprie condizioni sentimentali e familiari e sul loro attuale stato di serenità emotiva. Sono vite, le loro, a tratti rassegnate e a tratti speranzose.   

L’attività del laboratorio per la preparazione dello spettacolo “Partite in due tempi – e tutto il tempo necessario per riflettere su noi stesse”

L’attività del laboratorio per la preparazione dello spettacolo “Partite in due tempi – e tutto il tempo necessario per riflettere su noi stesse”

Anna La Tegola dell’ Ufficio Analisi e Valutazione dell'impatto Terza Missione, responsabile del laboratorio teatrale, si è occupata della drammaturgia e della regia dello spettacolo. Le abbiamo chiesto di raccontarci come è nata la scelta dello spettacolo e come si è svolto il laboratorio. 

La scelta dell’opera teatrale Due Partite di Cristina Comencini, è nata dalla volontà di mettere in scena l’universo femminile (sia per i personaggi, quattro donne molto amiche tra loro, sia per le tematiche affrontate) e una ampia riflessione sul tempo, vissuto da chi sta dentro le mura del carcere e chi fuori. Le partecipanti hanno accolto da subito il testo, apprezzandone sia la vicenda narrata che i personaggi, nella loro semplicità, a tratti rassegnata, a tratti malinconica, delle proprie vite.

Il laboratorio teatrale è già alla seconda edizione, come si svolge e come avviene l’interazione tra studentesse e donne ristrette? 

Il laboratorio teatrale si tiene nella biblioteca della sezione femminile del carcere ogni mercoledì. Le donne ristrette che partecipano al laboratorio quest’anno sono state sette. Il numero delle partecipanti può variare per diversi fattori come trasferimenti, fine pena, attività lavorativa in corso. La presenza costante è comunque di sei, sette donne e, a pari numero, di studentesse. L’età media delle detenute varia dai 22 ai 40 anni, mentre le studentesse hanno tra i 22 e 27 anni e sono iscritte ai corsi di laure in Giurisprudenza, Lettere, Filosofia e Scienze Politiche. A conclusione del percorso, organizziamo una performance rivolta al pubblico, sia all’interno, come è accaduto anche lo scorso anno, in cui circa una sessantina di persone hanno potuto accedere all’Istituto e assistere allo spettacolo, sia all’esterno, come quest’anno, presso il nostro Ateneo.

Lo spettacolo intende proporre una riflessione sul “tempo”, come è stato affrontato? 

 Con questa seconda edizione del laboratorio – la prima è avvenuta lo scorso anno, lavorando sul testo Il Calapranzi di Harold Pinter – siamo partite affrontando un elemento comune alle due realtà (carcere e mondo esterno) che è il “tempo”. Essendo l’obiettivo del progetto quello di creare una forte, crescente interazione tra il dentro e il fuori, riflettere insieme sul concetto di “tempo”, in tutte le sue sfaccettature, ha permesso sia alle detenute che alle studentesse di capirne i limiti ma anche il valore intrinseco, percependolo sì come qualcosa che sembra non passare mai o, al contrario, sfuggente, ma anche come qualcosa da cui ritrovare ciò che nel proprio passato è stato perduto. 
Legate al tema del “tempo” ruotano così emozioni che poco alla volta affiorano nel percorso che svolgiamo: paura, curiosità, scoperta, sconforto, amarezza, gioia…La performance finale è l’unione di tutti questi momenti significativi ed emotivamente anche impegnativi, nel lavoro soggettivo nella propria interiorità.

Come hai lavorato per la realizzazione dello spettacolo?

Il lavoro drammaturgico parte dall’ascolto verso la volontà a raccontarsi; nel riscrivere il copione considero sia il numero delle partecipanti, sia la distribuzione equa delle parti o dei personaggi. È importante capire le loro qualità e farle emergere il più possibile. Non sono poche le difficoltà che incontro durante i miei accessi in Istituto; i sentimenti e gli stati d’animo determinano sicuramente l’andamento del nostro percorso. Ma ho imparato ad avvicinarmi a loro “in punta di piedi”, rispettando i momenti no, stimolandole a partecipare ad un’ora di svago e sorrisi insieme.

Cosa significa per te lavorare in carcere, e perché credi così fortemente nell’attività teatrale?

Credo che il teatro sia una delle tante forme d’arte attraverso il quale si possa dare sostanza a voci che altrimenti non sentiremmo mai. È un momento, quello del laboratorio, dove si scoprono qualità inattese, capacità mai emerse. È un’ulteriore possibilità, dove anche solo per poco chiudiamo gli occhi ai pregiudizi. Spesso, durante le molte interruzioni che avvengono in biblioteca, legate alla vita nel carcere, mi chiedo quanto sia utile la mia ora dedicata alle loro vite, rispetto ai dieci minuti di Skype con i propri familiari, che a volte si intrecciano con la nostra presenza. Quanto sia utile convincerle a partecipare all’incontro, il giorno in cui loro sono profondamente scoraggiate, dopo un colloquio o dopo una sentenza. Ma poi, quando escono dalla biblioteca alle 17.30 e tornano nelle loro celle dicendomi sorridendo: “Ragazzina, stai tranquilla che ci ricorderemo tutte le battute!”, allora sì, credo che il tempo che passano con noi, anche a ridere e scherzare insieme, sia un tempo, per loro, di libertà.

 

Per assistere allo spettacolo è necessario registrarsi online

Nei Materiali allegati la locandina dello spettacolo.